L’isola di Ischia è diventata celebre grazie alle sue acque termali, le cui qualità terapeutiche variano da fonte a fonte. Per tutta l’isola si trovano in superficie soffioni e fumarole, segno che l’attività vulcanica continua ancora oggi. Tanti sono i parchi termali, che attirano turisti da ogni dove.
Non vogliamo ora annoiarvi con una lezione di geologia ma il territorio di Ischia presenta una particolarissima orografia: a differenza di pochi metri si trovano terreni e microclimi molto differenti tra loro, creando situazioni particolarmente interessanti. Come in ogni cosa la varietà genera ricchezza, e andrebbe sempre e comunque preservata e valorizzata.
Le diverse combinazioni di climi e terreni hanno un potenziale immenso, soprattutto per la viticoltura. Questo lo avevano capito già i greci Eubei, che nel VIII secolo a.C. circa hanno incominciato a coltivare la vite a Ischia. La tecnica di coltivazione greca differiva da quella etrusca: i Greci preferivano un sistema a ceppo basso e a sostegno morto; gli Etruschi a ceppo alto e a sostegno vivo. Il “criterio ellenico” si concentrava sulla qualità del vino, mentre quello etrusco permetteva una maggiore produttività, a discapito delle proprietà organolettiche del prodotto finale.
Per diversi storici il nome romano di Ischia “Aenaria” deriverebbe dal greco “Oinaria” che, letteralmente, significa “luogo delle viti e del vino”. Quindi, etimologicamente, sarebbe forse più corretto associare a Ischia un buon bicchiere di vino, piuttosto che una piscina termale (senza nulla togliere al relax delle terme). Nell’epica greca il vino, oinos, era molto diverso da quello di oggi: era una bevanda estremamente dolce, aromatizzata con varie spezie e allungata con l’acqua, proprio per evitare di diventare brilli solo dopo due o tre bicchieri. Pensate che, addirittura, gli antichi greci valutavano la qualità del vino in base alla sua dolcezza: più è dolce, meglio è (insomma, erano delle vere e proprie femminucce).
Ischia non solo è stata la prima colonia della Magna Grecia ma ci ha fornito anche uno dei più antichi esempi di scrittura greca e, udite udite, anche in questo caso c’entra il vino:
“Io sono la bella coppa di Nestore,
chi berrà da questa coppa subito lo prenderà
il desiderio di Afrodite dalla bella corona”.
Questa è l’incisione della famosa “Coppa di Nestore”, ritrovata ad Ischia negli anni ’50: la coppa in questione non è altro che una piccola tazza di terracotta, usata dai greci per bere vino durante i simposi.
I principali vitigni ischitani sono il “Biancolella”, il “Forastera”, il “Rilla”, il “Piedirosso” e il “Guarnaccia”. Il Biancolella è sicuramente il più conosciuto: colore giallo paglierino, sapore abbastanza fruttato, perfetto in abbinamento con i frutti di mare… dobbiamo aggiungere altro?
La particolare combinazione tra attività termale e produzione di vino che caratterizza Ischia è perfettamente sintetizzata dall’azienda vitivinicola Crateca. Crateca è un vecchio cratere, appunto, inattivo, che si trova al di sotto dell’Epomeo, il monte più alto dell’isola e formato da tufo verde (proprio per questo motivo Ischia è chiamata “isola verde”… non per la vegetazione bensì per la diffusione di questo particolare tufo, dal colore grigio-verde).
In passato gran parte dell’economia ischitana era basata sulla viticoltura: il vino qui prodotto veniva infatti esportato nei principali mercati italiani e persino all’estero, tramite le vinacciere, ovvero delle barche a vela predisposte al trasporto dei barili di vino. La scoperta delle acque termali ha poi portato al boom del turismo, che è diventato velocemente il pilastro dell’economia dell’isola. Purtroppo, in questo modo, la viticoltura è passata in secondo piano ed è stata in parte abbandonata.
I vigneti delle Cantine di Crateca si estendono per circa 2 ettari, a 250 m di altitudine, sulle fertili terre dell’antico cratere e sono distribuiti su vari terrazzamenti. Oggi come oggi l’azienda produce 4 tipologie di vino: il “Crateca Bianco”, il “Crateca Rosso”, il “Crateca Biancolella” e il “Crateca Rosato”. Terminata la nostra visita tra le vigne dell’azienda, abbiamo pranzato immersi nel verde dell’azienda Crateca, con una stupenda vista sul mare, veramente impagabile. Durante il pasto abbiamo assaggiato (e bevuto) il Crateca Bianco, risultato di un uvaggio di Biancolella e di Forastera, con aggiunta di uve di Fiano e Greco. Di colore giallo brillante e dal sapore abbastanza fruttato, con una leggera nota minerale, che testimonia l’origine vulcanica dell’isola su cui si trovano i vigneti.
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